giovedì 17 marzo 2011

La nascita dei "puttani" Alle origini di una categoria politica



FOTO LAPRESSE
10:01 - “I puttani della politica”, 1960-2011. Storia di un termine nato nell’agone politico napoletano, precisamente dal consiglio comunale della capitale del Sud, quando sette monarchici passarono alla Democrazia cristiana, segnando così la fine dell’era di Achille Lauro sindaco. Alberto Giovannini, direttore del quotidiano laurino Roma, scrisse un fondo in cui marchiò i sette trasformisti come “puttani della politica”.
Di puttani avrebbe parlato anche Guglielmo Giannini, leader dell’Uomo Qualunque, e ancora dopo, nel 1999, il leader di Alleanza nazionale Gianfranco Fini in un discorso alla Camera contro i parlamentari trasformisti. Insomma è un termine del bagaglio della Destra. Però, e arriviamo ai giorni nostri, venerdì scorso l’Unità, il quotidiano fondato da Antonio Gramsci correda un articolo sulla crisi della giunta comunale napoletana di Rosa Russo Iervolino con questo titolo: “Rosa e i puttani di Napoli”. Sdoganamento a suo modo storico che rappresenta uno sfottò in perfetto stile napoletano o spia di un processo politico più profondo nelle dinamiche tra destra e sinistra e oltre i confini di Napoli?
Antonio Rastrelli, notabile della Destra napoletana, oggi esponente del partito di Francesco Storace, rivendica alla sua parte politica il termine: “I comportamenti sono cambiati. Quella delle dimissioni di massa dei consiglieri comunali nei giorni scorsi non è stata un’operazione trasformistica, ma un disegno politico per concludere un’esperienza ormai finita da molto tempo. Quindi, se a sinistra qualcuno ha parlato di puttani, lo ha fatto in modo improprio. Nel 1960 la Destra napoletana aveva una storia che le consentiva di chiamare puttani coloro che andavano nella Dc di Silvio Gava. Oggi, ripeto, la situazione è diversa”.
Andrea Geremicca, presidente Fondazione Mezzogiorno Europa è già parlamentare comunista, non discosta molto da Rastrelli: “I puttani fanno parte del trasformismo con cui la Dc ha svuotato la Destra laurina. Non mi pare ci oggi ci sia questa trasmigrazione dei consiglieri del Pd che si sono dimessi. Rispetto allla vicenda che fece cadere Lauro, oggi non c’è un gruppo che tradisce ma lo sgretolamento di un’alleanza di governo, quella del centrosinistra. Sicuramente c’è una mutazione profonda, se l’Unità recupera questo termine, puttani. Sono spariti i punti di riferimento etici”.
Carlo Maria Lomartire, giornalista e autore di O’ comandante, biografia di Achille Lauro, la prende più alla lontana: “È un sintomo di imbarbarimento della politica e della perdita di un residuo di egemonia culturale della Sinistra. Per dare un’idea del punto cui siamo giunti, basti ricordare che Togliatti, per qualificare due fuoriusciti dopo la crisi ungherese del 1956, parlò di pulci sulla criniera di un cavallo di razza. Ho la sensazione che il termine puttani venga usato oggi inconsapevolmente. Molti di coloro che oggi fanno politica hanno un’idea vaga di Lauro”.
Ernesto Paolozzi, professore di filosofia, fotografa così l’attualità politica napoletana: “Il partito democratico a Napoli, se penso alla vicenda del Piemonte con primarie regolari e tra due candidati politici, vive una crisi molto forte. Le primarie hanno dimostrato una voglia di militanza testimoniata dai 45.000 votanti. Il recupero del termine puttani un segno di decadenza formidabile della politica; un dirigente politico della tanto vituperata prima Repubblica non l’avrebbe mai usato con tanta leggerezza. Oggi il termine puttano è solo grottesco, ha perso la forza derisoria che aveva quando è nato”.
Roberto Race, segretario fondazione Valenzi, è al vetriolo: “Certamente tra centrodestra e centrosinistra i confini sono sempre più labili. Anche se con lo scenario offerto dall’attuale politica napoletana, il termine puttani rischia di banalizzare il mestiere più antico del mondo”.
Simone Savoia

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